Istantanee

Confuso e felice

Nel suo racconto del 6 settembre, Valerio Finucci esordiva così: “Avete presente l’odore e l’atmosfera che si respira quando si entra, per la prima volta, in una casa nuova e appena arredata?”. Sono le parole con cui aveva deciso di aprire il racconto dell’esordio al PalaSavelli della Yuasa, nell’occasione di quella che era la seconda amichevole con i cugini della Lube. Prima di viverla, ogni prima volta mescola in qualche modo mirabilmente paura ed eccitazione. Dopo averla vissuta lascia un ricordo. A questo ritmo dovremo abituarci quest’anno. In particolare, a non dimenticare troppo rapidamente le prime volte. E allora ci torno, per condividere le emozioni che ho provato, in tre brevi fotogrammi.

Disorientato ed elettrizzato, stordito e incuriosito. A distanza di qualche giorno, se ripenso a quell’ora e mezza, mi torna in mente un’emozione piena di contraddizioni. Non so se vi è mai capitato che un caro amico o una persona a cui siete particolarmente legati diventi un personaggio noto, famoso e questa novità non cancella quanto vi volete bene, ma è motivo del fatto che non riuscite più a stare insieme come prima. Occorre allora trovare nuovi modi per incontrarsi e nuovi modi per dirsi e vivere la vicinanza di un tempo diversamente. Ecco, mi sono sentito un po’ così, al cospetto di qualcosa di inedito, tutto da scoprire, seppur in una continuità di relazione inestimabile. In fondo è così per ogni cambiamento: va compreso, accettato ma non subito, mai tenuto solo per sé ma condiviso con altri. In fondo è così quando si conquista una cima: la soddisfazione di avercela fatta convive sempre con una vertigine mai provata. In fondo è così quando un legame è chiamato a vivere un nuovo stadio: cucire ciò da cui si viene con il modo inevitabilmente nuovo di affrontare ciò verso cui si va.

Il secondo scatto viene dal campo, in particolare dal primo set. Ero ancora consegnato allo stupore che fosse tutto vero (gli avversari per la prima volta compagni di categoria; lo stridio delle scarpe su un terreno diverso da quello di Grotta ma che sarà casa) che a un certo momento sono risvegliato da una cosa: al cospetto di difese e recuperi incredibili nella metà campo ospite, le teste nella metà campo Yuasa spesso si scuotono, scrollano in segno di frustrazione e disapprovazione: umanamente comprensibile, per carità, ma forse una delle più efficaci rappresentazioni plastiche della novità. Quest’anno è così, sarà così: si risponde palla su palla, si va oltre quel che si potrebbe immaginare, si sta nell’Olimpo e qui si vedono cose che “voi umani…”. Quindi non è consentito stranirsi quando il “proprio tutto” non basta. Frustrante quando si scopre che il gesto tecnico che fino a quel momento avrebbe portato un punto non lo porta; magnifico quando si sperimenta che si riesce a ottenerlo andando oltre quel che si pensava di poter raggiungere. Non ci si riuscirà sempre, ma che regalo della vita è avere l’opportunità di provarci?

L’ultima istantanea arriva dagli spalti, quelli pieni e quelli vuoti, che, diversamente da ciò che poteva sembrare, si sono parlati tra loro tutta la partita: quelli pieni erano il segno della continuità e dicevano “ci siamo”, “siamo noi”, “lo sentite il calore?”; quelli vuoti erano il segno della novità e dicevano “ci vorremmo essere”, “siamo nuovi”, “pensate di meritarci?”. Quasi mi pareva di sentire questo “dialogo muto”: gli spalti pieni fremevano per qualcosa a cui magari ancora non si crede, ma che il sudore e i rumori confermavano; gli spalti vuoti fremevano per qualcosa che si fa fatica a credere, ma si ha un gran bisogno che possa diventare vero, e cioè un rinnovato calore. Allora non basta coinvolgere – all’inizio sarà facile – ma occorre allenare – alla lunga faticoso – a sentire e non cancellare quell’emozione nuova, unica, che paradossalmente non dipende dai risultati, ma dall’opportunità di esserci e giocarsela. 

Luca Alici

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