Diario di Bordo: tappa n. 82

L’ottantaduesima tappa del Diario di Bordo vede oggi salire in “navicella” Luca Alici. Luca è stato, per 6/7 anni, addetto stampa (e non solo) dell’allora Videx dalla prima stagione di A2 ed attualmente, dopo tanti anni lontano dai campi di volley, collabora con la società presentando manifestazioni quali, ad esempio, il “Festival dello Sport”. La sua passione per il volley è nata quando era piccolo ed ha iniziato a calcare il taraflex come atleta. Successivamente è restato per svariate annate fuori dal mondo pallavolistico anche se il suo cuore è sempre rimasto legato a quest’universo! È proprio così che, come un segno del destino, il figlio Filippo ha deciso di iniziare a giocare a Minivolley seguito proprio dalla figlia del suo primo allenatore. Da quel momento si è riavvicinato alla pallavolo anche come tifoso rafforzando quel grandissimo legame in realtà mai spezzato! Oggi Luca, parlando a cuore aperto, vuole raccontarci di questo meraviglioso filo che l’ha costantemente legato alla pallavolo e, nello specifico, all’Universo M&G ripercorrendo, tra l’altro, alcuni profumi, ricordi ed immagini tutti da scoprire insieme. Siete curiosi di leggere ciò di cui vuole parlarci? Bene, ed allora partiamo … Three, two, one… ignition!

 

Luca: certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano …

Caro diario,

mi sono sforzato di tornare indietro con la memoria il più possibile e non riesco ad andare oltre due immagini ed un profumo, nitidissimi nella mia mente, mescolati nel tempo, a cui associo i primi ricordi legati alla pallavolo: una foto con Claudio e Nicola – coloro che sono stati i primi amici fraterni – in pantaloncini, ginocchiere ed una maglia verde un po’ sbiadita, con su scritto Biomedis, nei vicoli di un qualche paesino; i polpacci di Raniero – colui che sarebbe diventato nel tempo molto più di un coach e di un amico, un po’ il mio secondo papà – che in allenamento attiravano il mio sguardo spesso distraendomi dal resto (gli chiedo scusa), facendomi fantasticare su come sarebbero diventati i miei; l’arbre magique giallo, aroma cocco (che mi ha sempre nauseato, ma non ho mai avuto il coraggio di confidarglielo) della regata station wagon di Angelo – il volto di colui che, per sempre, sarebbe rimasto associato ai primi viaggi “da giocatore”.


Da quei momenti, la pallavolo ha segnato così profondamente la mia vita, ne è stata linfa a tal punto che mi sento di dire, a distanza di tanti anni, che, senza, sarei stato una persona sicuramente diversa, certamente peggiore (ed il bello è che ci è riuscita nonostante fossi una mezza schiappa). Amici se ne sono aggiunti tanti (sarebbe lungo fare l’elenco), esperienze al limite del praticabile pure (da gare giocate scalzi ad allenamenti con bottiglie di plastica attorno al braccio per tenerlo disteso), tante partite sui campi, forse di più in ogni tipo di campetto (Gia’ Gia’, Cicca e Cotà lo sanno, come la mia coscia destra). Poi, crescendo, la pallavolo ha cambiato forma e modo di prendersi ancora, seppur diversamente, quote della mia vita: la chiave della bacheca in paese dove, in tempi senza social e con i primi siti non a portata di tutti, aggiornavo risultati e classifica; il tabellone del punteggio del Palas; la prima volta della scrittura del testo del giornalino casalingo.


Nel frattempo, si scalavano le classifiche e arrivavano gli anni della prima esperienza in A2, che per me hanno significato due doni inestimabili: grazie a Simone, ho rotto la timidezza ed iniziato a fare le radiocronache in diretta telefonica, innamorandomi della radio (quante ore attaccato a una cornetta, quante ore attaccato a un telefono cellulare in quel “maledetto” Palazzetto di Forlì); grazie alla fiducia di tutta la società per alcuni anni sono stato l’addetto stampa, innamorandomi della penna (quante ore dentro al palazzetto; quanti giocatori, allenatori, dirigenti; quante lettere, discorsi, biglietti; quante partite, trasferte, autobus, auto proprie e non, chilometri e comunicati stampa). Annate ed esperienze che letteralmente mi hanno dato forma, alle quali devo moltissimo, non solo per la rete di legami e per quanto mi hanno concesso di vivere (ancora ricordo i brividi dei primi corsi svolti in Legavolley a Bologna o gli eventi delle Final Four di Coppa Italia) ma perché – anche tra molti errori e ingenuità, dei quali chiedo scusa – mi hanno consentito di capire tre ingredienti decisivi per una buona vita: l’essenzialità della fiducia, il valore delle parole, la cura delle relazioni.
Successivamente è cambiato tutto: insieme sono arrivate le prime grandi fatiche ed il mio necessario cambio di vita, retrocessione, difficoltà e la mia incapacità di conciliare tutto; così la scelta è stata quella di chi ha preferito a lungo non saperne più nulla. Anche se, tra le problematiche di quegli anni, ho visto molti germogli. Ne cito due: la mia personale amicizia con Massimiliano; la partecipazione a quella breve ma gigantesca, folle e vera esperienza che è stata “i Giochi tra Comuni” (a cui la visionarietà di Massimiliano e di Rossano in primis, ma di altri con loro, aveva dato vita). Spesso si dice dei grandi imprenditori che la loro idea ha avuto bisogno di alcuni “fallimenti” per rinforzarsi e dare altra veste alla stessa intuizione. Ecco, a distanza di anni, al termine di questa stagione, credo si possa dire che quella intuizione ha trovato l’abito giusto, come è giusto dire che quell’abito non poteva che essere la pallavolo: l’intuizione di un territorio, un progetto, un’ambizione, ponti e non muri, lo sport, i giovani. In fondo quel progetto dei “Giochi tra Comuni” è stato uno dei semi che doveva “morire” per rinascere altrove, grazie allo sforzo degli stessi e di altri, e portare frutti buoni.


Anche io, alla fine, caro diario, ho dovuto morire un po’ a me stesso per conciliare cicatrici ed impegni e così non ho messo piede al Palas per più di dieci anni, anche se era ancora viva la linfa delle amicizie e l’interesse a distanza. Poi è successo, come spesso capita, che siano i figli a far crescere i padri più di quanto si pensi succeda il contrario. Filippo ha deciso prima di calpestare un po’ di sabbia, in seguito il taraflex con un pallone tra le mani (il camp estivo ed il Minivolley, ovviamente targati M&G) ed è stato come togliere la cenere da una brace che era ancora viva (e visto che la vita si diverte oltremodo regalandoti l’inatteso se la leggi con le lenti di un drone, dall’alto, succede che ad allenare Filippo, nei suoi primi passi, sia stata Gaia, la figlia di colui che per primo ha allenato me).


Mi fermo qui (quanto ci sarebbe da raccontare: ci sarebbe una parola da dire per ogni abbraccio dato a Siena), perché in fondo queste righe servono, in realtà, solo come una lunga e grande premessa alle ultime, poche parole di densa gratitudine.
Grazie ovviamente alla pallavolo, perché ha sempre trovato il modo, nella mia vita, per essere importante e fare del bene alla mia vita, anche quando mi ha fatto soffrire.
Ma grazie, soprattutto, alla M&G Scuola Pallavolo: un grazie dai mille volti e motivi, che non stanno tutti dentro questo spazio, che sarebbero traboccanti (i sorrisi regalati in tali anni a Filippo; quello che ha riacceso in me da spettatore ed appassionato; la fiducia nello scommettere in qualche proposta e progetto in cui pochi altri avrebbero creduto e per cui avrebbero trovato volontà e forze). Mi limito allora a questi due, più importanti: grazie per continuare, nel vostro stile, a dare vita alla pallavolo perché la pallavolo possa continuare a fare del bene alla vita delle persone e grazie per aiutare, con il vostro stile, la pallavolo a scoprire ancora qualcosa di nuovo di sé rispetto a ciò che può essere, rappresentare, veicolare, oltre (ma inevitabilmente attraverso) quella rete, quel taraflex, quel pallone. Perché in fondo, come scrive un vecchio saggio, “essere a lungo multipli è la condizione per essere uno con ricchezza”. Continuate, continuiamo allora a farci multipli!

Luca