Cisterna, Andata e Ritorno…

CISTERNA, ANDATA E RITORNO

La storia di una stagione è la storia di tante stagioni in una. Non solo quelle – le canoniche quattro – che si passano il testimone: si inizia d’estate, ci si inoltra nell’autunno, si attraversa l’inverno, ci s’affaccia sulla primavera. Ma tutte quelle – tantissime – che segnano il percorso di una squadra, il contributo di ciascuno giocatore, la vita di un allenatore, le relazioni di uno staff, la quotidianità di una società, la risposta di un territorio, tra conquiste e delusioni, speranze e cadute. La storia di una stagione si dipana nel tempo, giorno dopo giorno, mese dopo mese, ma è fatta di tanti tempi, dentro ogni giornata, dentro ogni mese, come i grandi racconti, nei quali si torna indietro, ci si affaccia avanti, compaiono sulla scena personaggi, qualcuno è protagonista di un momento, altri in momenti diversi, si cade, ci si rialza. Punti, classifica, partite. Infortuni, vittorie, sconfitte. Legami, conflitti, delusioni, sorprese. Quanto, da un lato, ci sarebbe da scrivere e da raccontare; quanto, dall’altro, è giusto non sia raccontato ma sia vissuto pienamente.

Una delle “stagioni” che stanno dentro le tante stagioni di questo storico primo campionato di Superlega non è quella del girone di andata o quella del girone di ritorno (così diversi), ma una che li interseca entrambi. La potremmo chiamare così: “da Cisterna a Cisterna”. In qualche modo lì in mezzo – tra la gara di andata in casa e quella di ritorno in trasferta – si racchiude un pezzo significativo di questa avventura: allora i primi fischi casalinghi e i primi scricchiolii sugli spalti, mentre ora cori in trasferta e speranze sempre più concrete; allora (esagerate) pretese di punti che dovevano arrivare (e non arrivarono), mentre ora la (strana) sensazione dell’ennesimo punto conquistato; allora per molti la fine di tutto, ora per tutti il farsi carne e ossa di qualcosa che sembrava impossibile. Da Cisterna a Cisterna. C’è tanto, ma non c’è tutto. Perché, al di là di quel che succederà, non ci possiamo dimenticare di quel che è successo prima. Cisterna in fondo ci insegna questo. Ci sarà un dopo (del quale siamo in trepidante attesa), ma c’è stato un prima (che non dobbiamo dimenticare).

Fino alla gara di andata, infatti, non c’è stato il vuoto, ma una semina e una resistenza: la semina di ciò che è sbocciato poi, fatta di tenacia, e la resistenza alla disgregazione, fatta di fiducia. E quella gara di andata non è il punto più basso, ma l’insegnamento più alto. È vero che tutto pare cambiato solo a partire dalla gara vinta a Monza (dovranno passare altre due sconfitte, dopo quella con Cisterna al PalaSavelli), ma lì c’è forse l’insegnamento più grande di questa stagione, per tutte le vite e per la vita di tutti, non semplicemente per le classifiche e i campionati. E non si tratta del retorico “crederci sempre”, fratello gemello del “non mollare mai”, bensì del fatto che “della vita non si butta via niente”, perché, se pensiamo che abbia qualcosa da dirci anche quando non va come vogliamo, e ci facciamo attraversare da questi momenti, senza fuggirli, ma mettendocene in ascolto, allora capita che diventino fecondi. Poi, se si verificano anche due condizioni, rare – stare in una rete di relazioni nelle quali ciascuno accetta di scommettere su un bene più grande del proprio e avere intorno persone che, sapendo che il proprio valore non dipende dal risultato, accettano di dimostrare quale esso sia anche quando il risultato non c’è – allora capita persino qualcosa che non sembrava possibile.

In fondo, perché avvenga quel che è avvenuto in questo assurdo viaggio di andata e ritorno, da Cisterna a Cisterna, è indispensabile che riconosciamo e diamo valore a quel che è avvenuto prima di incontrare Cisterna. Dimenticarlo significherebbe non riconoscere fino in fondo ciò che in realtà miracolo non è. Ma dimenticarlo significherebbe non riconoscere il valore inestimabile di qualcosa che sarebbe tale anche se il miracolo non fosse.

Luca Alici

In&Out.
Parole, pensieri, storie.
Dentro e fuori dal campo.