Diario di Bordo: tappa n. 71
La settantunesima tappa del Diario di Bordo vede oggi salire in “navicella”, per una puntata speciale in ottica Play-off, Elisabetta Sabatini, organizzatrice dei 7 leggendari pullman che trasportarono tantissimi tifosi ed appassionati a Forlì nella storica partita giocata da Grottazzolina in gara 3 di finale Play-off (stagione 1999/2000) per andare in A1. Elisabetta, sin da sempre appassionata di pallavolo, nel 1998 ha iniziato a lavorare come barista nel Bar Moderno di Grottazzolina,situato proprio al centro del paese. Questo locale, rappresentante il punto di ritrovo per giocatori, dirigenti, tifosi dell’allora Videx, ha fatto scoccare il bellissimo legame tra Elisabetta e la società stessa. Oggi lei vuole raccontarci come ha vissuto quei magici anni, i tantissimi ruoli che ha ricoperto, le meravigliose emozioni provate nella mitica trasferta di Forlì, alcuni fantastici aneddoti e molto molto altro ancora. Siete pronti per leggere questa speciale puntata? Bene, ed allora … Three, two, one… ignition!
Elisabetta: da barista a fautrice di un sogno
Caro diario,
che bello essere qui!! Salire in “navicella”, dato che non faccio più parte di questo meraviglioso Mondo anche se resterà sempre nel mio cuore, mi sorprende riempiendomi, allo stesso tempo, di gioia! Sai che io, tra tutti i vari sport, ho sempre amato “la pallavolo”? Poi nel 1998 ho iniziato a lavorare nel Bar Moderno di Grottazzolina, situato proprio al centro del paese, e tutto il resto è arrivato da sé: quel bar era il punto di ritrovo per giocatori, dirigenti e tifosi perciò risultava inevitabile appassionarsi!
Uno dei miei primi clienti fu Carlo Valeriani detto “Palle”; lui entrava ed usciva dalla porta del bar almeno 20 volte al giorno e Grottazzolina a quei tempi era il Volley marchigiano.
La pallavolo era ovunque, se ne parlava a tutte le ore, la si viveva h24 (tra pronostici e sogni); insomma in quel bar sono maturata a pane e volley!
Come l’ho vissuto, perciò, negli anni? In primis da spettatrice, poi da tifosa tra gli Skapigliati, come aiutante, come sognatrice, come ingressista, in biglietteria ed in tanti altri modi ancora; qualcuno forse non lo sa ma anche come dirigente. Ero lì ed ogni giorno si parlava, si sognava e si progettava!
In quei meravigliosi anni ho avuto il privilegio di conoscere molti giocatori e di poter con loro fare lunghe chiacchierate; Grottazzolina è un bellissimo borgo ma piccolo ed il bar era uno dei pochi punti di svago, tutto in qualche modo passava per quel posto. Ricordo ancora i caffè prima delle partenze per le trasferte con tutta la squadra e dirigenza in divisa in cui i motori degli autobus o dei furgoni erano accesi; l’ultimo a salire era sempre Carlo che in ogni cosa ed in ogni minuto ha messo tutto se stesso per quel sogno.
Ora vorrei parlarti della partita magica: la finalissima con Forlì! Effettivamente ho un ricordo un po’ sbiadito di quelle ore, nei fatti intendo, ma le emozioni dei giorni antecedenti (e della giornata stessa) le ricordo benissimo. Tutto in quel momento mi sembrò naturale ma ripensandoci ora, forse organizzare 7 pullman non è cosa di tutti i giorni eheh. Non ricordo la fatica ma solo la gioia della partenza e questi mezzi incolonnati che dal centro cittadino arrivavano fino alla fine dei giardinetti.
Siamo partiti con coreografie, bandiere, megafoni, tamburi e molto altro ancora ma soprattutto con il cuore colmo di speranza. Eravamo tanti e di ogni fascia di età, credimi vennero anche i più “vintage”!
Spesso stavo tra gli Ska a fare “CONFUSCIO’” ma quel giorno eravamo tutti lì a battere le mani e sostenere i ragazzi proprio come si fa nelle grandi famiglie.
Ricordo una partita al cardiopalmo punto su punto ed un finale amaro a causa di un arbitraggio alquanto discutibile. Rientrati a Grotta era già notte: il silenzio, il buio e la pioggia erano lo specchio del nostro stato d’animo. La parola “Panetto” (cognome del palleggiatore di Forlì di cui l’arbitro non vide l’errore) risuonò nei nostri discorsi per ore, giorni, mesi e forse riecheggia ancora oggi tra le menti dei più nostalgici.
Il tutto fu fantastico? Non lo so … Ma forse qualcosa di folle sì. Amore folle, passione folle? Chi può dirlo; lì, in quelle ore, esisteva solo quel folle sogno!
Vorrei concludere con alcuni (se dovessi raccontarteli tutti non basterebbe un libro) ricordi ed aneddoti vissuti durante quei meravigliosi anni che, come ti accennavo, rimarranno sempre impressi in me.
Tra gli istanti più goliardici sicuramente ci sono i momenti trascorsi con Carlo: caffè ordinati e mai bevuti, chiamate da decifrare per l’inconveniente dell’ultimo secondo, i suoi passaggi da una porta all’altra degli uffici situati a bordo campo durante le partite con esultanze o disapprovazioni alquanto eloquenti.
Poi la pallonata che mi colpì in pieno viso durante un riscaldamento tirata dal grandissimo centrale Massimo Pecorari (sono caduta a terra e svenuta): il risveglio fu piacevolissimo, circondata da un manipolo di atleti che mi sventolavano e sorreggevano le gambe … e quando mi ricapita?
Ed ancora “Rigo”, il massaggiatore ufficiale, che nella sua consueta strabordante esultanza, alla conquista di un punto, cadde all’indietro tra i morbidoni di bordo campo facendo un capitombolo così rocambolesco che dovettero sospendere la partita per alcuni minuti; anche l’arbitro fece fatica a restare serio.
Inoltre l’allegria, la bravura e la riconoscenza di Benito Ruìz che incontrai dopo vari anni dalla nostra esperienza grottese: ero alla guida della mia macchina quando vidi una Bmw zigzagare davanti a me ed un braccione lunghissimo e muscoloso che si dimenava dal finestrino; era lui che riconoscendomi aveva fermato la circolazione stradale pur di salutarmi.
Da ultimo, ma non per importanza, devo per forza raccontarti questa cosa: ricordo che ad un certo punto il volley grottese aveva iniziato a viaggiare su binari talmente importanti che anche il settore giovanile necessitava di crescere, così alcuni ragazzi che storicamente giocavano nelle categorie più basse si sono ritrovati fermi. Io e Marco Monaldi “Monà”, con l’aiuto di Alessandro Lorenzoni, abbiamo creato una realtà parallela per dare continuità a chi altrimenti si sarebbe trovato senza un “contenitore”. Creazione che poi si rivelò risolutiva per alcuni fatti successivi; la nostra era una squadra umile, di amici e di vecchie glorie, ma eravamo deboli al centro. In un pomeriggio qualsiasi, inaspettatamente, ricordo che è entrata al bar l’intera squadra della Lube, arrivata per un’amichevole, ed uno su tutti: lui, Luigi Mastrangelo, il mio idolo. Avevo circa vent’anni e tra l’emozione e la fanciullezza ero lì che me lo guardavo cercando di non rovesciare il caffè che mi aveva richiesto. In quel momento è spuntato “Lu Moru de Mascherì” che urlando mi ha detto: “Betta, cercavi un centrale, eccolo! Contrattiamo?“. Balbettai qualcosa di incomprensibile e Mastrangelo se ne andò; finì tutto con una risata ed il mio più totale imbarazzo. Beh noi eravamo questo … semplicità ed amore!
Ecco, questi sono solo alcuni aneddoti, ma raccontano e riassumono alla perfezione una favola che ho vissuto per 5 intensi meravigliosi anni grazie soprattutto a Simone e Terzilia, miei titolari ed amici, che mi hanno tramandato la loro splendida passione permettendomi di viverla come un vero e proprio sogno.
Elisabetta