Diario di Bordo: tappa n. 2
La seconda tappa di Diario di Bordo vede oggi salire in navicella Fabio, fotografo ufficiale della società ma anche collaboratore appassionato e “tuttofare”. Gli ho chiesto, partendo da una citazione che mi ha colpito, di parlarci di fotografia. Compito difficilissimo, perché gli ho chiesto di farlo senza utilizzare immagini. Gli ho chiesto anche, ovviamente, di “fotografare” dall’alto l’Universo pallavolistico sotto di noi. Ho ritrovato la solita persona genuina di sempre, ma ho anche scoperto una grande penna. Davvero una grande penna. Benvenuto a bordo Fabio!
Three, two, one… ignition!
Un viaggio attraverso la fotografia (sportiva e non)…
“Scrivere su un diario è come prendere fotografie con la matita.” Wim Kan
Leggere un diario di bordo ci fa vestire i panni di un comandante di vascello. Permette di viverne le avventure, studiarne le decisioni, carpirne i segreti.
Le annotazioni, le date, i particolari narrati, le persone descritte hanno però un’altra capacità nascosta, ma ancor più affascinante.
Ci consente di conoscere l’animo di chi racconta.
Oggi l’onere e l’onore di scrivere una pagina di quel libro, tocca a me.
Il Moch in un bicchiere, acqua e ghiaccio nell’altro.
Qualche scaglia di cioccolato fondente.
Il tabacco pressato a dovere nella fornace della pipa.
In background, come sottofondo, la musica al tempo degli Dei.
Si sa, FOTOGRAFIA, è un vocabolo che deriva dalla composizione di due parole greche: luce (φῶς | phôs) e grafia (γραφή | graphè).
Per cui Fotografia, nella accezione comune, si può tradurre in “scrivere con la luce”.
Ogni corso di fotografia di base che si rispetti, inizia con questa nozione.
Dopo averne parlato con i corsisti solitamente aggiungo: “…e adesso che ci siamo detti questa cazzata, possiamo iniziare a parlare di cose maggiormente interessanti”.
Non perché sia errata, ma anche se affascinante non basta a definire cosa è una fotografia.
Che poi una definizione giusta, che vada bene a tutti, non c’è.
È un documento?
Una astrazione della realtà?
Un racconto fedele e oggettivo?
O piuttosto una totale e soggettiva opinione?
Per descrivere le emozioni che una fotografia può suscitare in me, vorrei utilizzare e riadattare le parole di Pablo Neruda.
La fotografia la si ama come si amano certe cose oscure, tra il buio e l’anima.
Il primo piccolo sorso di whisky, serve per abituare il palato.
Una sensazione di calore forte e un sapore deciso, persistente.
Comfortably Numb dei Pink Floyd apre la mente.
Il mio primo approccio con la fotografia, è avvenuto in tempi digitali. Ho saltato a piedi pari la parte analogica, la pellicola per intenderci.
Non che non la abbia mai usata, ma è stato un gioco fatto in adolescenza più che altro, e una tappa obbligata per chi come me è curioso di capire come funzionano le cose che usiamo.
Ma senza qualcuno che ti insegni a dovere come si usa uno strumento, non otterrai mai i risultati che ti faranno venire voglia di approfondire.
Ed ancora più importante, non capirai nemmeno dove hai sbagliato.
L’accensione della pipa si fa in 2 tempi; all’inizio si incendia la parte in superficie.
La prima combustione fa sollevare le foglie di tabacco.
Quando sono accese, le si pressa in modo da ricompattare tutto nella fornace.
E si procede alla seconda accensione.
La voce dolente e febbrile di Patti Smith… Because the Night…
Sono trascorsi anni senza che la fotografia incrociasse la mia vita. Poi, senza preavviso, qualcosa è cambiato.
Stavo guardando una immagine per più tempo di quanto solitamente si utilizza, prima di scorrere alla successiva, ed ho avuto la sensazione che ci fosse qualcosa di più di quanto apparisse ad un primo e svogliato sguardo.
Generalmente è così che comincia una infatuazione, che può diventare amore.
Amore che a volte è corrisposto, altre volte meno… a volte ci si accorge che era altro. Ma è il tempo, quando le braci della passione si spengono e restano le ceneri, a farti capire cosa è stato… o cosa sarebbe potuto essere.
Ho iniziato da osservare, non solamente guardare.
Ho provato a dare un senso a ciò che vedevo, non restando solamente passivo.
Mi sono reso conto che la fotografia che stavo guardando aveva fatto germogliare in me la curiosità di capire un linguaggio nuovo, fatto di silenzio, con cui si possono dire molteplici cose.
Quando la sensazione del gusto descritta sopra inizia a scemare,
un sorso di acqua fredda calma le sensazioni,
ma ti prepara a gustare appieno i prossimi assaggi.
Somebody to love, Jefferson Airplane
La fotografia documentativa e di reportage mi ha completamente rapito. Alcune immagini sono così forti che nonostante siano state scattate decenni fa, sono talmente vive da provocare ancora tumulti nell’animo di chi le guarda.
Immagina…
E’ un giorno assolato di fine anni 60, e sei di pattuglia nella giungla del Vietnam.
La calma prima della tempesta.
Dal cielo scende una strana pioggia arancione.
John Fogerty riempie l’aria con la sua voce calda e la sua musica.
Have you ever seen the rain, Creedence Clearwater Revival
Se vi dicessi un nome: Phan Thị Kim Phúc…
Probabilmente nessuno se ne ricorderà; ma se vi descrivessi la scena immortalata dalla foto, in Vietnam, mentre correva nuda e ustionata lungo una strada in mezzo ai militari e ad altri bambini, e sullo sfondo il villaggio in fiamme, allora tutti ricordereste.
Le fotografie di Letizia Battaglia, in mostra alla Mole Vanvitelliana sono un esempio incredibile della potenza dirompente delle immagini.
La pausa pranzo degli operai sul traliccio, il bacio del marinaio all’infermiera, la madre coi figli durante la grande depressione americana, e decine di altre foto che hanno fatto davvero la storia e in qualche caso sono state talmente forti da cambiarne il corso.
Si sa che la vita è bizzarra ed il buon Forrest Gump direbbe che come in una scatola di cioccolatini, non sai mai cosa ti capita.
Sono salito a bordo di questa astronave qualche anno fa, per caso.
Mi è stato chiesto da un marinaio che faceva parte dell’equipaggio da tempo, di seguire una partita per fornire delle immagini che sarebbero servite al gruppo comunicazione per i loro articoli.
Una volta che il primo sorso è andato assaggiate una pralina di cioccolato fondente.
Maggiore è la torbatura dell’acquavite, maggiore deve essere la percentuale di cacao.
Fino ad arrivare ad un cioccolato con nocciole tostate,
che esalta al massimo l’affumicatura del whisky se particolarmente intensa.
Lasciate sciogliere in bocca senza masticare, per tutto il tempo che serve.
Non è una corsa. È un rituale.
I Kansas suonano Dust in the wind.
La fotografia sportiva.
Mi ero cimentato poche volte in questo campo, più che altro come didattica personale, per mettere in opera tecniche apprese e capire dagli sbagli come migliorare.
Provare, fallire. Riprovare, fallire meglio.
Ho accettato.
La fotografia sportiva ha in sé un dono: domare il tempo.
Che è una delle possibilità creative che si hanno a disposizione.
Fermare il tempo, congelare l’attimo, bloccare il gesto… e guardare cosa c’è.
Ed accorgersi che ogni soggetto ritratto, ha il suo modo per eseguire il fondamentale in oggetto.
Come salta, come carica il braccio per il colpo, come si posiziona per ricevere.
Come tiene la palla prima di lanciarla, come prende la rincorsa e come la colpisce.
Vedere l’attimo in cui la mano colpisce la palla con tutta la forza; o l’attimo appena successivo, mentre viene deformata dal colpo.
Con delle foto scattate in serie, ricostruire una azione.
Chi si muove, quando, e verso dove.
Per me la magia sta nell’istante in cui decidi di premere il pulsante di scatto, ed il mirino diventa buio per una frazione di secondo, in cui non vedi cosa succede. Torna la luce… e sai di avere lo scatto che volevi anche senza controllare…
Se il tabacco si spegne, non è una tragedia.
Fumare una pipa non è una sfida contro il tempo.
Si valuta se nella fornace c’è troppa cenere, ed in caso se ne rimuove una parte,
e si riaccende di nuovo.
Anche se la cenere è il ricordo di qualcosa che è stato e che non può più tornare, è ancora utile;
contribuisce a tenere accesa la brace
e ad impedire che l’aria provochi una combustione del tabacco troppo veloce.
L’ assolo di chitarra di Sultan of Swing è magico.
Molti anni fa in TV venivano narrate le gesta di quella “generazione di fenomeni”, che vinceva sempre, vinceva tutto. Ed il clamore di quelle vittorie era talmente forte, che sicuramente in molti si sono appassionati a questo sport in quel periodo.
Io no.
Da ragazzo la pallavolo la ho odiata. Disprezzata. Come succede, ragionando di pancia, con le persone o le cose che non comprendiamo.
Le uniche ed ultime volte che ho controvoglia calcato un campo frequentavo le superiori. C’erano i cambipalla. Si arrivava ai 15. Non c’era il libero.
E c’era quella maledetta rete, che era sempre troppa alta.
Non è un gioco democratico, ma quale lo è davvero? Anche a biliardo chi è più alto ha i suoi vantaggi.
Assaporare un whisky, lo si può fare al buio oppure studiandone prima caratteristiche e qualità.
Personalmente, prima mi piace leggere e documentarmi.
Secondo me non rovina il piacere della scoperta,
anzi aiuta a trovare ogni nota di sapore all’assaggio,
ogni profumo emanato man mano che il bouquet si apre.
La chitarra di Eric Clapton sferza l’aria sulle note di Layla
Tanto per ridere… mi sono appassionato di basket. Ore ed ore a cercare di non prendere una stoppata avvicinandomi a canestro. E a cercare di capire da chi aveva una marcia in più, come fare quel palleggio, come saltare, come difendere… ma è un’altra storia.
A ripensarci ora, col senno di poi e con molta acqua passata sotto i ponti… non era nemmeno il motivo principale per cui non amavo questo sport.
Il vero problema era che nessuno aveva davvero provato a spiegarmelo.
Era un modo per far fare un’ora di ginnastica ad una classe di 20 persone, evitando che gli studenti si facessero male.
Invece come per la macchina fotografica non basta comprarla e premere pulsanti a caso, qui non basta mandare la palla al di là della rete.
Ogni sport non è solo un gioco.
Devi conoscerne le regole, devi conoscerne i segreti e le furbizie.
È una partita a risiko, nella quale non tiri i dadi e speri nella fortuna, aiutandoti con una tattica di base praticamente inesistente.
Qui la fortuna c’entra in maniera marginale, ma devi fare in modo che ti trovi lei, meritando il suo casuale intervento qua e là.
Qui serve impegno, abnegazione, allenamento, intelligenza tattica.
Si vola e si cade insieme, e insieme ci si rialza.
Quando il whisky sta per finire, e mancano giusto un paio di sorsi,
provate ad aggiungere qualche goccia di acqua.
Ma fate attenzione a non esagerare.
Devono rimanere sempre quel paio di sorsi, solo leggermente più generosi.
Se pensavate di aver compreso ed apprezzato appieno tutto, ecco che le cose cambiano:
il sapore si ingentilisce ed all’olfatto i profumi si fanno più tenui e delicati.
Godetevi questi ultimi due sorsi come fosse un regalo inaspettato.
Cry baby… Amo visceralmente la voce roca di Janis Joplin.
Le ultime battute di questo racconto vorrei usarle per dedicare un ringraziamento a tutte le figure di questa società sportiva.
Ai dirigenti, ai collaboratori, agli allenatori, alle giocatrici e giocatori di ogni età e squadra, che quotidianamente si applicano per migliorare e spostare un gradino più in alto l’asticella del risultato che si vuole raggiungere.
Ai tifosi, che spero possano tornare in massa a far sentire il loro calore incitando la squadra e gioire per ogni punto fatto, e dannarsi per ogni punto preso.
Il tabacco oramai è esaurito, il whisky finito… certo è un peccato ma…
You can’t always get what you want… Mick Jagger è una sentenza
Ed infine, ultimo ma non per importanza, il gruppo comunicazione, di cui faccio parte.
Ognuno con le sue competenze e le sue mansioni, che resta fino a tardi dopo la partita.
Quando oramai nel palazzetto rimane calma e silenzio, resta solo l’eco dei palloni schiacciati a terra, delle esultanze per un punto fatto, o delle urla del mister per una disattenzione di troppo.
Si rimane per finire quell’articolo, completare e mettere online quella galleria, fino a che si spengono le luci, e si chiudono le porte alle nostre spalle.
E la magia si sopisce, in attesa del prossimo match day casalingo.
Perché la domenica pomeriggio, non vorrei essere in nessun altro posto.
Possiamo essere eroi, anche solo per un giorno.
Heroes, David Bowie
Fabio