Diario di Bordo: tappa n. 1

Si apre ufficialmente oggi la prima tappa di Diario di Bordo, il nuovo “viaggio comunicativo” nell’Universo M&G che, di volta in volta, vedrà protagoniste e “scrittrici per un giorno” le figure più disparate all’interno del nostro movimento. 
In cabina, oggi, abbiamo Marco, genitore appassionato e “presente” che rimarca a gran voce l’importanza dello sport per i giovani in questo particolare momento storico. Benvenuto a bordo Marco! 
Three, two, one… ignition!

Parola di genitore: guai a fermare lo sport!

Ho il compito, sempre delicato, di aprire questa nuova interessantissima rubrica che l’Universo M&G Scuola Pallavolo ha deciso di dedicare, specificamente ma non solo, al settore giovanile maschile e femminile.

Mi chiamo Marco e sono papà di una delle atlete del settore giovanile femminile. Entrambi appassionatissimi di questo meraviglioso sport che è la pallavolo. La mia passione nasce ai tempi della scuola media quando il mitico Prof. Giancarlo Fagiani, professore di educazione fisica, mi convinse a dedicarmi a questo sport. La passione di mia figlia come nasce? Forse addirittura nella pancia della mamma, sentendo i tamburi dei palasport e il suono delle schiacciate.

In queste poche righe voglio testimoniare, da genitore (senza alcuna intenzione di dare giudizi medici o pedagogici), di quanto sia importante lo sport per i nostri figli; voglio testimoniare la grande valenza sociale che esso riveste e i benefici indiscussi che ne derivano sulla salute a seguito di una pratica regolare.

Voglio partire da un episodio, che resta e resterà per sempre nella mia memoria. Quando all’età di 14 anni entrai a far parte delle giovanili della Pallavolo Grottazzolina, allora Biomedis, mi accorsi subito che non contava essere più o meno bravo di altri a giocare a pallavolo. Mi resi conto che l’aspetto più importante era l’educazione, il rispetto dei compagni e la solidarietà verso di loro. E non ultimo l’importanza che veniva data alla scuola. A volte qualche genitore si lamentava perché gli allenamenti ci portavano via troppo tempo e ne restava meno per lo studio; alcuni arrivavano addirittura agli allenamenti col broncio perché rimproverati dai genitori per un brutto voto. Beh, non finiva lì! Perché spesso in palestra arrivava anche il rimprovero dell’allenatore. Insomma, per farla breve, l’allenatore chiedeva SEMPRE il resoconto sulla scuola prima di ogni allenamento e ci spronava a dare sempre di più.

Sono convinto che sia ancora così, far parte di una squadra aiuta a crescere, aiuta i nostri figli a diventare responsabili, a saper organizzare tutte le loro attività quotidiane. Non impediamo loro di praticare sport temendo il fatto che possano trascurare la scuola, lasciamoli andare agli allenamenti anche quando hanno tanto da studiare. Impareranno ad organizzarsi e diventare più responsabili. Quando saranno grandi non sempre potranno sorvolare a degli impegni presi, semplicemente perché ne subentrano altri.

In questo particolare momento storico, lo sport, in particolare quello di squadra, per i ragazzi assume a mio parere un ruolo sociale insostituibile. I nostri figli erano abituati a stare insieme ai compagni di scuola, ad abbracciarsi scambiandosi emozioni, a raccontarsi le loro esperienze. Ora tutto questo non è purtroppo possibile. Devono stare inchiodati al proprio banco senza nemmeno scambiarsi una penna. Pensate cosa sarebbe per loro vedersi negata anche la possibilità di andare agli allenamenti! Ritrovarsi in palestra e stare con i compagni di squadra rimane l’unico momento di socialità che possono permettersi. Certo, il rischio di prendere questo maledetto virus è sempre dietro l’angolo, ma non siamo al sicuro nemmeno standocene in famiglia… Porto ad esempio un episodio, in particolare: sapete cosa mi ha detto mia figlia domenica, quando ci siamo rivisti dopo la partita della Videx (Giorgia fa parte della ciurma degli addetti all’asciugatura del campo)? “Allora Conte che ha detto, possiamo andare agli allenamenti domani?!”

Ma lo sport non è meno importante per la salute e per il benessere fisico di chi lo pratica. A volte capita che i nostri figli abbiano dei piccoli problemi fisici come ad esempio quelli relativi alla postura. Problemi che a noi genitori possono sfuggire perché non li vediamo fare attività fisica. Piccoli problemi che possono però diventare grandi con lo sviluppo fisico. E’ quello che è capitato a me, ad esempio, e che grazie allo staff medico della società, che si è accorto del problemino, siamo riusciti ad arginare intervenendo con i giusti rimedi. Un piccolo problema che si è accentuato durante il periodo del lockdown, in cui l’attività fisica è stata quasi assente.

Per tutte le società sportive, tuttavia, “andare avanti” in questo momento risulta sempre più complicato: ci sono imprevisti continui, oltre che protocolli stringenti da applicare per la sicurezza degli atleti. Il tutto reso ancor più complicato dal fatto che le risorse finanziarie necessarie per svolgere l’attività sono sempre meno cospicue. Di contro, però, il ruolo sociale cui sono chiamate è sempre più importante.

Come genitori dobbiamo quindi, ora più che mai, sostenere la società. Noi siamo forse anche più fortunati di altri, i nostri figli appartengono ad una società più strutturata della media, si allenano in una palestra che pochissimi possono vantare, hanno uno staff di allenatori di primissimo livello di cui la maggior parte ha esperienza di serie A da giocatore. Se ci vengono chiesti dei sacrifici ritengo che non possiamo tirarci indietro, dobbiamo anzi adoperarci con tutte le nostre forze per dare una mano e mantenere quello che abbiamo. Lo dobbiamo soprattutto alla squadra (utilizzo questo termine per non divulgarmi troppo ad elencare i nomi di tutte le ragazze).

Vedere le ragazze giocare e uscire dal campo con il sorriso, sia dopo una vittoria che dopo una sconfitta, non ha prezzo.

Marco